nr. 105 / 30 qershor 2007
Paulin Radovani, la faccia umana del
business albanese Abbiamo parlato
molte volte di questa persona, il quale, possiamo dire che ha oltrepassato i
confini geografici del Nord ma anche dell’Albania. Ha delle interminabili
energie, idee e realizzazioni in ogni angolo di Scutari, Albania e oltre. È
uno degli affaristi con più esperienza, ma nello stesso tempo è completamente
diverso dai suoi colleghi. Sicuramente pensa a creare ottime condizioni per
la sua attività, per i guadagni dai suoi affari puri, ma anche per i
lavoratori. Egli non esita ad impegnarsi anche direttamente, dalle
istituzioni locali fino al governo anche per problemi che danneggiano gli
interessi dei suoi lavoratori.
Pochi sanno che
Paulin Radovani ha avuto una grande influenza anche nel governo albanese, per
stabilire il livello minimo delle paghe in diverse regioni dell’Albania.
Grazie all’immagine e alla fiducia che ha creato, ma anche all’integrità
nell’amministrazione dei suoi affari, la parola di Radovani ha un peso anche
nel Ministero delle Finanze, quello dell’Economia fino al Primo Ministro
Berisha. Le vertiginose paghe minime proposte all’inizio, fino al livello
25.000 o 30.000, comprese le assicurazioni, non avrebbero danneggiato gli
affari più di quanto avrebbero danneggiato le famiglie scutarine e albanesi.
Molti business avrebbero ridotto il personale, mentre altre forse avrebbero
lasciato definitivamente l’Albania. Di nuovo Radovani ha scelto la logica
semplice e i fatti concreti. Con i documenti in mano, non con duplice
dichiarazione di paga, come fanno molti affaristi attualmente, egli è
riuscito a convincere che le paghe minime a Scutari devono essere di 15.000
Lekë, quanto è in realtà, come a Tirana che è 17.000, e cosi via. I contributi
cittadini e professionali di Paulin Radovani sono numerosi ed egli propone
ogni volta delle idee nuove. Anche nell’ultimo incontro dell’Unione per lo
Sviluppo del Nord, del quale è stato eletto presidente, Radovani lanciò
l’idea della creazione del fondo per promuovere l’arte, la cultura, la
scienza, i media, Scutari e il Nord in generale, dei veri valori umani. Egli
fece un appello a tutti i suoi colleghi di contribuire alla realizzazione di
questa iniziativa che creerà un nuovo utile immagine. In presenza del Console
d’Italia a Scutari, Stefano Marguccio, del Direttore della BIA, Alessandro
Limata, degli affaristi italiani e quelli albanesi, Radovani invitò tutti a
unirsi alla sua idea per la tassa di 10% solo per le paghe oltre i 15.000
Lekë. Questa è una responsabilità cittadina, è riconoscenza e rispetto per i
lavoratori scutarini e per le loro famiglie, ma anche un appello e un
messaggio per uno stato dalla faccia sociale e al servizio dei suoi
cittadini. L’affarista Radovani
è riuscito a unificare gli atteggiamenti dei due principali sindacati nel
paese, USIA (Unione dei Sindacati Indipendenti Albanesi) e CSA ( Lo abbiamo detto
anche prima e apertamente nelle pagine di “Shqipëria Etnike”, Paulin Radovani
ha oltrepassato i confini del Distretto con il suo business. È ormai da anni
il tempo che le capacità di questo affarista-cittadino devono essere messi al
servizio diretto della comunità affidandogli l’amministrazione del governo
locale. Ma egli non era e non può essere parte dei vari schemi di stretti
interessi meschini. Mai nessuno è riuscito a fargli chiudere la bocca, farlo
tacere e inginocchiare. Sempre più nel Consiglio Comunale, ma anche in altre
posizioni, egli ha parlato, ha alzato la voce con dignità, poiché tale è
Paulin Radovani. Per questo lo apprezzano e lo appoggiano non solo i suoi
lavoratori, ma anche i sindacati e l’opinione pubblica. Sokol Pepushaj La defattorizzazione dello “spirito”
democristiano Da Blerti Delija Dopo le elezioni del
18 febbraio 2007, il Partito Democristiano è entrato a far parte delle
principali forze politiche nel paese. Il risultato di 4.44% a livello
nazionale deve essere considerato storico. Tanto più per aver quasi
legittimato anche il peso del Gruppo Parlamentare del PDC, che con 8 deputati
è un fattore me che viene considerata un unione amorfa dei deputati venuti da
diversi gruppi e convinzioni. Se abbiamo a che fare con delle elezioni, il 4.44%
si può tradurre in oltre 6 deputati. Il risultato del PDC
deve essere considerato come un successo più grande anche di quello delle
altre forze politiche, anche nell’attuale maggioranza. È vero che il Partito
Repubblicano e quello Democratico ebbero dei risultati di oltre 5%, ma non
dobbiamo dimenticare che questi soggetti erano a livello di ministro
nell’esecutivo albanese. Per renderlo più intendibile, dietro questi logo si
nascondevano grande armate di votanti che direttamente o indirettamente dipendevano
dai dicasteri diretti dal PR e PDR. Tanto più quando da oltre 18 mesi queste
forze politiche avevano potuto godere delle “fette” della torta del potere,
attraverso nomine di centinaia di membri e dirigenti dal livello di ministro,
vice-ministro, direttore della direzione, prefetti ed cosi via. Un elettorato
quindi consolidato ma anche viziato materialmente con l’ottenimento e il
godere del potere con tutti i privilegi possibili. Ma come si può spiegare
allora il risultato cosi positivo del Partito Democristiano? In primo luogo si
dovranno spiegare le circostanze in cui il PDC è entrato nelle elezioni del
18 febbraio 2007. Il punto più forte di questo soggetto era senz’altro il
gruppo parlamentare, il quale tramite il gioco dei numeri è riuscito ad imporsi
alla maggioranza, in modo particolare con l’arrivo di Nard Ndoka alla guida.
La filosofia dell’unione che è stata implementata con molto successo, ma
anche la presentazione delle politiche sociali, ben trasmesse tramite lo
slogan “Il tempo per l’un l’altro”, ha creato un profilo particolare per una
forza politica albanese, lontano dall’assurdo slogan delle elezioni del 3
giugno 2005 “Investimenti e arresti”. Si ottenne quasi al 100% l’unificazione
di tutte le frazioni e gruppi usciti negli anni dal PDC e di conseguenza
anche dei membri dispersi e confusi nella scacchiera elettorale albanese.
Gradualmente, in tutto il paese, da Vermosh a Konispol, cominciò a spargersi
quello che io e molti altri considerano, penso giustamente, “Lo spirito
Democristiano”. Ormai non si notava più se si è stati per molti anni parte di
una frazione o gruppo, se si è stati membri del PDC per 16 anni o soli 6
mesi, se si è stati membri di un altro partito, anche del ex PLA. Questo
comportò buone ma anche cattive conseguenze: nello stesso ovile entrarono la
pecora e il lupo, con un aspetto invecchiato e denti persi, ma con una grande
sete di avvicinarsi alla torta del potere. Infatti alcuni di questi lupi non
risparmiarono nemmeno qualche centinaio di migliaio di Lekë investiti in
campagne, considerandoli un investimento nel tempo per posti e posizioni.
Cominciarono le trattative vere e proprie, si firmarono anche dei accordi di
governo comune tra il PD e il PDC, tra Berisha e Ndoka. Sicuramente il Primo
Ministro, ma anche la maggioranza, volevano una reale test del PDC
nell’elettorato e la sfida era il 18 giugno. Avrebbe confermato o no il
numero 8 dei deputati democristiani, il voto popolare? Quello che era stato
seminato con molta attenzione, in nome di un ideale e filosofia pura,
costruttrice dell’Unione Europea verso la quale viaggiamo infinitamente,
diede i suoi frutti. I Democristiani guadagnarono l’appoggio popolare, la più
grande mai avuta negli anni della democrazia. Cosi si aprirono le porte del
paradiso del potere per alcuni, per altri, quelle delle grandi responsabilità
nella guida del paese. Come era atteso, nel Governo Albanese entrò un
ministro, vice ministri, direttori di direzioni. Nei distretti e nelle
direzioni regionali vi furono prefetti e direttori regionali. Finalmente,
dopo 17 anni, i Democristiani vennero realmente al potere, dal quale,
vendendo l’esempio del PUDU, è nel favore dell’Albania e degli albanesi che
non scendano per molti anni. Sempre, se avranno l’appoggio popolare. Ogni buono comporta
un male dietro” “Lo spirito” democristiano è ormai cominciato a svanire. I
membri in molti comuni si sentono un po’ dimenticati e anche delusi. Negli
uffici del potere non sono entrati dei democristiani, gran parte di essi non
sono democristiani. Non se ne parla di membri, staggio o militanti nelle
strutture del partito, poiché in questo caso sarebbero sorti dei problemi
dall’alta cupola del PDC e del Gruppo Parlamentare. Semplicemente non sono
stati considerati i contributi, sia pure quelli professionali o cittadini,
l’impegno pubblico nell’interesse della società. Il peggio è che sono tornati
e rischia che tornino al potere coloro che anche con il voto dei
democristiani furono sconfitti il 3 giugno 2005. Ormai pochi si
ricordano del partito, la sua organizzazione, l’allargamento dello “spirito”
democristiano, che in nessun modo, come i fatti hanno mostrato, non viene e
non deve essere identificato con l’appartenenza religiosa. Tutti sono
impegnati nel potere, dove lo hanno ottenuto con nomine o elezione e dove non
è stato ottenuto, si fanno dei progetti, scenari per ottenere una fetta del
potere. I deputati hanno le loro “proprietà” del potere, nominano e dividono
dei privilegi a cominciare dai loro familiari e amici. Com’è naturale, il
capo, per ogni proposta resagli nota dalla base, può non avere delle
conoscenze personali. In queste condizioni, si abusa anche della fiducia
nello schema verticale della selezione dalla base al centro. Cosi molte
nomine vengono fatte in base a conoscenze, amicizie, ma anche garanzie di una
“fetta” quando qualcuno siederà sulla sedia che produce privilegi e soldi. Il
PDC ormai si trova realmente in un incrocio: tra la defattorizzazione dello
“spirito” democristiano e la fattorizzazione tramite il potere con il quale
si abusa in nome dei principi democristiani. In questo momento serve un
intervento, perché no, un altro movimento per il ritorno dei valori migliori
che in verità non sono mancati e non mancheranno al PDC. L’attuale posizione
democristiana si può considerare anche più “dorata”, prendendo come esempio
il PR e PDR. Forse nel prossimo incontro elettorale può esserci un aumento
degli elettori, in base al noto ragionamento: molto potere - molti voti. Ma
diversamente dagli altri partiti, il PDC è riuscito a trasmettere “spirito”, un
nuovo concetto per la politica albanese, il quale prometteva molto più di un
gruppo di deputati, sia anche di 10 persone. Uno “spirito” che poteva
realmente avvicinarci con l’Europa. Comunque non è tardi. Qualcuno deve
parlare, e qualcuno deve agire. Questa non è la fine, ma l’inizio di un
rialzo del fattore democristiano in Albania, se il PDC lo desidera veramente!
In Albania ci sono circa 100 partiti politici. Il Partito Democristiano non
deve essere identificata semplicemente come “uno di loro”. |