koka

nr. 105 / 30 qershor 2007

alukit

 

Paulin Radovani, la faccia umana del business albanese

Abbiamo parlato molte volte di questa persona, il quale, possiamo dire che ha oltrepassato i confini geografici del Nord ma anche dell’Albania. Ha delle interminabili energie, idee e realizzazioni in ogni angolo di Scutari, Albania e oltre. È uno degli affaristi con più esperienza, ma nello stesso tempo è completamente diverso dai suoi colleghi. Sicuramente pensa a creare ottime condizioni per la sua attività, per i guadagni dai suoi affari puri, ma anche per i lavoratori. Egli non esita ad impegnarsi anche direttamente, dalle istituzioni locali fino al governo anche per problemi che danneggiano gli interessi dei suoi lavoratori.

Paulin Radovani, un carattere pubblico con un alto impegno cittadino, continua a perfezionare il suo profilo, quello di un affarista umano, particolare nella categoria che rappresenta. Molti dei suoi colleghi, ed altri ancora con degli impegni politici, sono rimasti stupiti mentre Padovani ha chiesto pubblicamente che la tassa di 10% non tocchi le paghe sotto il livello di 15.000 Lekë. Il suo ragionamento è molto semplice, ma anche molto convincente. La paga di 15.000 Lekë ormai è stata stabilita come il livello minimo di paga nel Distretto di Scutari. È uguale alla pensione o all’assistenza sociale. Non vi è logica per metterci una tassa di 10%. In realtà, Radovani non ha motivo di preoccuparsi, come non si sono preoccupati molti dei suoi colleghi: quei soldi verranno sottratti dai lavoratori stessi, senza comportare alcune perdite nei loro affari. Ma per questo egli è diverso dagli altri. Nella sua logica, nelle paghe di 15.000 Lekë, Radovani non dimentica anche le assicurazioni, parte delle quali vengono pagate dal lavoratore stesso. Quindi, ogni mese, solo in questi due casi, al lavoratore gli devono essere sottratti dalla paga minima più di 3.000 Lekë, che ad alcuni non sembreranno molti, ma che influenzano direttamente anche nel rendimento del lavoro. Giustamente, davanti ai media audiovisivi, l’affarista ha ricordato che con il danneggio finanziario dei suoi lavoratori si danneggia anche la sua attività. I lavoratori non renderanno, lavoreranno senza la dovuta qualità, insomma, lavoreranno senza soddisfazione. È un semplice ragionamento al quale non si può togliere nemmeno una virgola.

Pochi sanno che Paulin Radovani ha avuto una grande influenza anche nel governo albanese, per stabilire il livello minimo delle paghe in diverse regioni dell’Albania. Grazie all’immagine e alla fiducia che ha creato, ma anche all’integrità nell’amministrazione dei suoi affari, la parola di Radovani ha un peso anche nel Ministero delle Finanze, quello dell’Economia fino al Primo Ministro Berisha. Le vertiginose paghe minime proposte all’inizio, fino al livello 25.000 o 30.000, comprese le assicurazioni, non avrebbero danneggiato gli affari più di quanto avrebbero danneggiato le famiglie scutarine e albanesi. Molti business avrebbero ridotto il personale, mentre altre forse avrebbero lasciato definitivamente l’Albania. Di nuovo Radovani ha scelto la logica semplice e i fatti concreti. Con i documenti in mano, non con duplice dichiarazione di paga, come fanno molti affaristi attualmente, egli è riuscito a convincere che le paghe minime a Scutari devono essere di 15.000 Lekë, quanto è in realtà, come a Tirana che è 17.000, e cosi via.

I contributi cittadini e professionali di Paulin Radovani sono numerosi ed egli propone ogni volta delle idee nuove. Anche nell’ultimo incontro dell’Unione per lo Sviluppo del Nord, del quale è stato eletto presidente, Radovani lanciò l’idea della creazione del fondo per promuovere l’arte, la cultura, la scienza, i media, Scutari e il Nord in generale, dei veri valori umani. Egli fece un appello a tutti i suoi colleghi di contribuire alla realizzazione di questa iniziativa che creerà un nuovo utile immagine. In presenza del Console d’Italia a Scutari, Stefano Marguccio, del Direttore della BIA, Alessandro Limata, degli affaristi italiani e quelli albanesi, Radovani invitò tutti a unirsi alla sua idea per la tassa di 10% solo per le paghe oltre i 15.000 Lekë. Questa è una responsabilità cittadina, è riconoscenza e rispetto per i lavoratori scutarini e per le loro famiglie, ma anche un appello e un messaggio per uno stato dalla faccia sociale e al servizio dei suoi cittadini.

L’affarista Radovani è riuscito a unificare gli atteggiamenti dei due principali sindacati nel paese, USIA (Unione dei Sindacati Indipendenti Albanesi) e CSA (la Confederazione Sindacale Albanese), tramite i rispettivi presidenti Tukaj e Smagli, che sostennero l’idea di non mettere la tassa di 10% sotto il livello di 15.000 Lekë. In modo diretto è un appoggio all’idea di Radovani da parte di tutti i lavoratori di Scutari e del nostro distretto, che aderiscono al 100% in questi due sindacati principali. Questo non è solo una meta, ma anche la sicurezza di continuare in questa direzione, di offrire le più ottimali condizioni di lavoro e di vita agli lavoratori scutarini.

Lo abbiamo detto anche prima e apertamente nelle pagine di “Shqipëria Etnike”, Paulin Radovani ha oltrepassato i confini del Distretto con il suo business. È ormai da anni il tempo che le capacità di questo affarista-cittadino devono essere messi al servizio diretto della comunità affidandogli l’amministrazione del governo locale. Ma egli non era e non può essere parte dei vari schemi di stretti interessi meschini. Mai nessuno è riuscito a fargli chiudere la bocca, farlo tacere e inginocchiare. Sempre più nel Consiglio Comunale, ma anche in altre posizioni, egli ha parlato, ha alzato la voce con dignità, poiché tale è Paulin Radovani. Per questo lo apprezzano e lo appoggiano non solo i suoi lavoratori, ma anche i sindacati e l’opinione pubblica.

Sokol Pepushaj

 

La defattorizzazione dello “spirito” democristiano

Da Blerti Delija

Dopo le elezioni del 18 febbraio 2007, il Partito Democristiano è entrato a far parte delle principali forze politiche nel paese. Il risultato di 4.44% a livello nazionale deve essere considerato storico. Tanto più per aver quasi legittimato anche il peso del Gruppo Parlamentare del PDC, che con 8 deputati è un fattore me che viene considerata un unione amorfa dei deputati venuti da diversi gruppi e convinzioni. Se abbiamo a che fare con delle elezioni, il 4.44% si può tradurre in oltre 6 deputati.

Il risultato del PDC deve essere considerato come un successo più grande anche di quello delle altre forze politiche, anche nell’attuale maggioranza. È vero che il Partito Repubblicano e quello Democratico ebbero dei risultati di oltre 5%, ma non dobbiamo dimenticare che questi soggetti erano a livello di ministro nell’esecutivo albanese. Per renderlo più intendibile, dietro questi logo si nascondevano grande armate di votanti che direttamente o indirettamente dipendevano dai dicasteri diretti dal PR e PDR. Tanto più quando da oltre 18 mesi queste forze politiche avevano potuto godere delle “fette” della torta del potere, attraverso nomine di centinaia di membri e dirigenti dal livello di ministro, vice-ministro, direttore della direzione, prefetti ed cosi via. Un elettorato quindi consolidato ma anche viziato materialmente con l’ottenimento e il godere del potere con tutti i privilegi possibili. Ma come si può spiegare allora il risultato cosi positivo del Partito Democristiano?

In primo luogo si dovranno spiegare le circostanze in cui il PDC è entrato nelle elezioni del 18 febbraio 2007. Il punto più forte di questo soggetto era senz’altro il gruppo parlamentare, il quale tramite il gioco dei numeri è riuscito ad imporsi alla maggioranza, in modo particolare con l’arrivo di Nard Ndoka alla guida. La filosofia dell’unione che è stata implementata con molto successo, ma anche la presentazione delle politiche sociali, ben trasmesse tramite lo slogan “Il tempo per l’un l’altro”, ha creato un profilo particolare per una forza politica albanese, lontano dall’assurdo slogan delle elezioni del 3 giugno 2005 “Investimenti e arresti”. Si ottenne quasi al 100% l’unificazione di tutte le frazioni e gruppi usciti negli anni dal PDC e di conseguenza anche dei membri dispersi e confusi nella scacchiera elettorale albanese. Gradualmente, in tutto il paese, da Vermosh a Konispol, cominciò a spargersi quello che io e molti altri considerano, penso giustamente, “Lo spirito Democristiano”. Ormai non si notava più se si è stati per molti anni parte di una frazione o gruppo, se si è stati membri del PDC per 16 anni o soli 6 mesi, se si è stati membri di un altro partito, anche del ex PLA. Questo comportò buone ma anche cattive conseguenze: nello stesso ovile entrarono la pecora e il lupo, con un aspetto invecchiato e denti persi, ma con una grande sete di avvicinarsi alla torta del potere. Infatti alcuni di questi lupi non risparmiarono nemmeno qualche centinaio di migliaio di Lekë investiti in campagne, considerandoli un investimento nel tempo per posti e posizioni. Cominciarono le trattative vere e proprie, si firmarono anche dei accordi di governo comune tra il PD e il PDC, tra Berisha e Ndoka. Sicuramente il Primo Ministro, ma anche la maggioranza, volevano una reale test del PDC nell’elettorato e la sfida era il 18 giugno. Avrebbe confermato o no il numero 8 dei deputati democristiani, il voto popolare?

Quello che era stato seminato con molta attenzione, in nome di un ideale e filosofia pura, costruttrice dell’Unione Europea verso la quale viaggiamo infinitamente, diede i suoi frutti. I Democristiani guadagnarono l’appoggio popolare, la più grande mai avuta negli anni della democrazia. Cosi si aprirono le porte del paradiso del potere per alcuni, per altri, quelle delle grandi responsabilità nella guida del paese. Come era atteso, nel Governo Albanese entrò un ministro, vice ministri, direttori di direzioni. Nei distretti e nelle direzioni regionali vi furono prefetti e direttori regionali. Finalmente, dopo 17 anni, i Democristiani vennero realmente al potere, dal quale, vendendo l’esempio del PUDU, è nel favore dell’Albania e degli albanesi che non scendano per molti anni. Sempre, se avranno l’appoggio popolare.

Ogni buono comporta un male dietro” “Lo spirito” democristiano è ormai cominciato a svanire. I membri in molti comuni si sentono un po’ dimenticati e anche delusi. Negli uffici del potere non sono entrati dei democristiani, gran parte di essi non sono democristiani. Non se ne parla di membri, staggio o militanti nelle strutture del partito, poiché in questo caso sarebbero sorti dei problemi dall’alta cupola del PDC e del Gruppo Parlamentare. Semplicemente non sono stati considerati i contributi, sia pure quelli professionali o cittadini, l’impegno pubblico nell’interesse della società. Il peggio è che sono tornati e rischia che tornino al potere coloro che anche con il voto dei democristiani furono sconfitti il 3 giugno 2005.

Ormai pochi si ricordano del partito, la sua organizzazione, l’allargamento dello “spirito” democristiano, che in nessun modo, come i fatti hanno mostrato, non viene e non deve essere identificato con l’appartenenza religiosa. Tutti sono impegnati nel potere, dove lo hanno ottenuto con nomine o elezione e dove non è stato ottenuto, si fanno dei progetti, scenari per ottenere una fetta del potere. I deputati hanno le loro “proprietà” del potere, nominano e dividono dei privilegi a cominciare dai loro familiari e amici. Com’è naturale, il capo, per ogni proposta resagli nota dalla base, può non avere delle conoscenze personali. In queste condizioni, si abusa anche della fiducia nello schema verticale della selezione dalla base al centro. Cosi molte nomine vengono fatte in base a conoscenze, amicizie, ma anche garanzie di una “fetta” quando qualcuno siederà sulla sedia che produce privilegi e soldi. Il PDC ormai si trova realmente in un incrocio: tra la defattorizzazione dello “spirito” democristiano e la fattorizzazione tramite il potere con il quale si abusa in nome dei principi democristiani. In questo momento serve un intervento, perché no, un altro movimento per il ritorno dei valori migliori che in verità non sono mancati e non mancheranno al PDC. L’attuale posizione democristiana si può considerare anche più “dorata”, prendendo come esempio il PR e PDR. Forse nel prossimo incontro elettorale può esserci un aumento degli elettori, in base al noto ragionamento: molto potere - molti voti. Ma diversamente dagli altri partiti, il PDC è riuscito a trasmettere “spirito”, un nuovo concetto per la politica albanese, il quale prometteva molto più di un gruppo di deputati, sia anche di 10 persone. Uno “spirito” che poteva realmente avvicinarci con l’Europa. Comunque non è tardi. Qualcuno deve parlare, e qualcuno deve agire. Questa non è la fine, ma l’inizio di un rialzo del fattore democristiano in Albania, se il PDC lo desidera veramente! In Albania ci sono circa 100 partiti politici. Il Partito Democristiano non deve essere identificata semplicemente come “uno di loro”.