koka

nr. 23 / 14 maj 2002

alukit

numrat

 

La tragedia della famiglia Zyberi di Kosovo

Ce ne sono tante e tante cose che si possono scrivere sulle pagine dei giornali, riguardo al genocidio che i Serbi esercitarono contro il popolo Albanese del Kosovo.

        Il terrore, gli omicidi, le violenze e le distruzioni, è stata l’esperienza di un popolo autoctono nelle proprie terre, che richiedevano liberta, la propria lingua, scuola, la bandiera, l’indipendenza da uno pseudo stato dittatoriale.

        Tra quelle migliaia e migliaia di persone di diverse età c’erano anche Çlirim Zyberi, il giovane simpatico pieno di sogni giovanili, nato il 5 aprile 1984. Il padre Abdullah e la madre Zuke fecero lo sforzo di farlo crescere buono e laborioso. Lo stesso èra per il fratello Hajri e la sorella Merita, i quali sono più grandi di Çlirim.

        In un terrore esercitato dalle forze Serbe, assieme a molti altri di diverse età, furono trovati uccisi e massacrati in periferia di Presheva, i genitori Abdullah e Zuke. Hajri, il fratello non si sapeva dove fosse, poiché egli combatteva nell’ELK sulle montagne, pure Çlirim dal 2000 in poi non si sa dove stia. Come migliaia d’altre famiglie, anche la famiglia Zyberi fu distrutta ed annientata dalla violenza. Come in silenzio, pur essendo l’intervento per ristabilire la pace, la sicurezza di un’autonomia da parte delle forze multinazionali, dando il colpo di grazia all’oppressione serba, ce ne sono molte “ferite” e “feriti” che necessitano dell’aiuto dovuto, per i contatti con le famiglie e i parenti per i quali non sanno ancora oggi se sono vivi o morti, oppure se vivono dispersi senza contatti con le loro famiglie, ecc., ecc.

Bujar Ferhati

 

A Skenderaj del Kosovo

Avevamo tanto tempo senza andare nel comune di Skenderaj del Kosovo, oppure Strebeq, com’è chiamata da molto tempo dagli abitanti. Abbiamo incontrato molti amici i quali trovarono rifugio in Albania durante la guerra, e tutti oltre al rispetto per la madre patria, per quello americano ed inglese, ci parlarono bene, come sanno i Kosovari, per la politica che segue l’ovest democratico per fare del Kosovo uno stato moderno con dei diritti come negli altri popoli. In ogni modo i kosovari hanno il loro cuore ferito. L’anima li fa ancora male dalle ferite della guerra, mentre anche le forze della pace hanno ancora problemi per mantenere la stabilita e per spianare le cose. Sembra che ci vorrà molto tempo per trovare gli uccisi, i sepolti nelle fosse comuni, ci vorrà del tempo per liberare tutti i prigionieri, ci vorrà del tempo per arrestare tutti i criminali per i crimini contro l’umanità. Ecco un fatto tragico di una famiglia di Skenderaj. Preng Noka, nato il 25 febbraio 1974, unito all’Esercito per la Liberazione del Kosovo, dall’inizio della guerra aveva perso il padre, Nikolla, la cui sepoltura, secondo le testimonianze dei paesani non sì e trovata ancora oggi, ovviamente quest’uomo sarà in qualche fossa comune. Il fratello Gjovalin si èra allontanato dal Kosovo verso un paese dell’ovest, prima che cominciasse la guerra. Cosi, Preng Noka aveva deciso di dare il suo massimo con l’Esercito kosovaro per la liberazione del Kosovo, e forse per vendicare il padre ucciso. Come corriere egli aveva un compito tropo segreto, importante e degno di fiducia, ma altrettanto pericoloso. Prima che finisse la guerra qui in Kosovo, alcuni importanti conduttori dell’ELK incaricarono Preng Noka con un compito importante in un campo militare Serbo. La guerra richiede dei sacrifici, forse anche con la vita, ma quando quelle sono ammesse dalle persone, si possono mettere in atto, altrimenti si devono trovare degli altri. Ma Preng Noka non aveva accettato quest’incarico. Nessuno conosce i motivi. Forse aveva paura di essere ucciso, o forse non voleva uccidere altre persone, pur essendo serbi, quindi nemici suoi e del popolo del Kosovo. Allora certe persone dell’ELK lo hanno minacciato con la morte, affermandogli che èra cattolico come i serbi. I suoi stessi compagni lo costrinsero a lasciare l’esercito. Quindi egli ando a casa dove viveva con la madre Gjela, mentre in una notte di maggio del 2000, un gruppo di persone (sette oppure otto) rompono la porta della casa, lo colpiscono, usano violenza, lo minacciano di fucilarlo. Tutto è messo sottosopra distruggendo anche quelle poche cose e tutti i documenti famigliari. Gli avevano affermato che se non lasciava il Kosovo sarebbe stato ucciso, poiché c’èrano delle organizzazioni criminali pronte ad uccidere dietro somme di denaro, e che funzionavano. Le persone parlavano in serbo. La madre aveva comunicato con loro, ma la verità non si conosce di dove èrano, poiché in Kosovo ce ne sono tante potenti organizzazioni criminali. In tali condizioni, questo kosovaro ha preso le vie dell’estero, per salvarsi la vita in pericolo. Purtroppo (secondo le nostre fonti sicure) il suo nome si trova ancora nelle liste nere per essere fucilato. Casi del genere ce ne sono tanti in Kosovo. Nelle prossime edizioni del “Shqipëria Etnike” renderemo pubblici altri casi.

Sokol Pepushaj

 

Malësia e Madhe, la regione che si sta desolando

Se il mondo civilizzato democratico cerca tracce originali di canibalismo comunista, il quale nel dizionario della dittatura Bolshevica si chiamava confronto tra classi, queste possono essere trovate ancora fresche ovunque in Albania. I figli dei comunisti ritornati al potere dopo l’anno nero del 1997, non solo continuano questa caccia di streghe verso tutti i democratici, ma l’hanno perfezzionata a quel grado che si realizza soltanto quando di colpisce sulla schiena. E questi colpi mortali li sta provando più di qualunque altro la regione nordica più anticomunista dell’Albania, Malësi e Madhe, la quale accompagnia ogni giorno i figli e le figlie che vanno verso i paesi lontani dall loro, con l’unico scopo di salvarsi la vita che è in pericolo dallo stato.

        I nomi dei Malësor e dei Albanesi che hanno avuto questo brutto destino sono migliaia, ma io voglio menzionare il democrata il signor Gjokë Kol Pëllumbaj il quale è nato nel villaggio Lepush (del comune di Kelmend) di Malësi e Madhe nel 1959. la sua famiglia sentiva il peso della dittatura comunista sin dai primi anni d’istallazione della dittatura comunista, la quale espropriò la famiglia Pëllumbaj, la internò e la imprigiono ed anche la fucilo. Comunque il figlio di questa famiglia Gjokë ebbe la possibilità di finire la scuola media superiore, e questo non èra poco per questa regione remota nelle montagne. Con molte difficoltà ottenne un lavoro per poco tempo, ma l’occhio vigile del Partito (Comunista) lo scopre e lo licenzia. Le difficoltà del signor Gjokë Pëllumbaj aumentano dopo che si sposa con Marije Ndue Lelçaj (Pëllumbaj dopo il matrimonio) la quale proveniva da una famiglia anticomunista perseguitata. Il padre di Marija, Ndue Lelçaj èra stato prigioniero politico oer molti anni. All’inizio del 1990, il signor Lekë Kol Maçaj (Pëllumbaj), il fratello del signor Gjokë fugge dall’Albania. Però Gjokë non si abbatte da queste persecuzioni, anzi gli si aumenta nel cuore l’odio verso la dittatura omunista. Dagli inizi dei processi democratici ed anticomunisti, egli assieme a sua moglie la signora Marije Pëllumbaj si allinearono con i primi democratici e divennero membri del Partito Democratico sin dalla sua fondazione in Malësi e Madhe. Il signor Gjokë si distingue coem partecipante attivo in tutte le proteste pacifiche per buttare giù la dittatura comunista, ed è distinto anche nella difesa dello stato democratico nel 1997 quando i banditi social-comunisti l’avevano incendiato. Il signor Gjokë durante il governo democratico (1992-1997) trovo lavoro come economista presso la Stazione di Polizia di Koplik, il centro della regione, dove ebbe un lavoro anche la moglie Marija. Però dopo il 1997 avenne che questo democrata fu licenziato di nuovo e minacciato di pagare caro il suo anticomunismo, lui e sua moglie. Il signor Gjokë non si è scoraggiato neanche con questo ma ha lavorato alla difesa delle alternative del PD e i candidati della destra, essendo in fronte alle campagne elettorali. In Malësi e Madhe hanno vinto in generale le alternative democratiche, che hanno disturbato il “sonno” delle autorita socialiste le quali hanno esercitato in modo permanente il terrore verso queste famiglie, esperienza avuta anche dal signor Gjokë con la sua famiglia, essendo minacciato e maltrattato, senza lavoro, senza pane, senza alcun diritto, con la sua vita e quella della famiglia in pericolo, davanti alle minaccie e i maltrattamenti da parte della Polizia e gli attivisti dello stato socialista. Naturalmente per salvare la sua vita e quella della moglie, il signor Gjokë è obbligato a partire verso un paese straniero… Fino a quando andrà avanti così?

Ndue Bacaj, Vasel Gilaj

 

La fuga senza ritorno di Qazim Hasani di Prizren!

Loro vivevano come tutti gli altri, in condizioni pressoché normali nella via “Bajram Curri” della storica città di Prizren. Shyqyri Hasani con la moglie Bafte avevano cresciuto con grandi difficoltà i loro figli Qazim nato il 16 ottobre 1976, e la figlia Bukurie, i quali èrano stati educati con i sentimenti di patriottismo ed amore per il loro paese il Kosovo, la quale soffriva da anni sotto il regime sanguinante serbo.

        Insieme alla gioia della crescita dei figli, comincia anche la tragedia che stava per venire per la famiglia Hasani… La sorella di Qazim, Bukuria che èra veramente bella, s’innamora di un serbo della famiglia Drashkoviq di Mitrovica. Dopo il matrimoni di Bukurie, nel maggio del 1997, alcuni albanesi di Prizren fermano Qazim per la strada e chiamandolo “traditore” del Kosovo, lo insultano e lo malmenano barbaramente, tanto che con difficoltà riesce ad arrivare a casa, dove il padre Shyqyri lo consiglia di non denunciare e di stare attento agli albanesi! Un mese dopo, un furgone della polizia locale maltratta tutta la famiglia con il pretesto del controllo per armi. Nelle condizioni delle minacce di eliminazione fisica da parte di gruppi estremisti albanesi e poliziotti serbi armati, il padre di Qazim diviene membro della LDK. E soltanto un mese dopo quest’atto la polizia locale non trovando il padre, arresta il figlio Qazim, il quale viene trattenuto nelle celle per tre giorni, dove viene colpito e maltrattato barbaramente, e viene messo in libertà soltanto dopo aver promesso di mettersi nel loro servizio. Dopo che ha curato le ferite per due mesi, anche Qazim diventa membro della LDK e comincia a diffondere trattini da quest’organizzazione verso l’ELK. In un occasione, Qazim ed un suo amico vengono arrestati e mandati nella stazione più vicina di polizia, dove vengono interrogati dagli ufficiali dell’UDB (i servizi segreti serbi). Qui a Qazim vengono comunicate anche le accuse verso di lui e suo padre, come persone ricercate e che comportavano gran rischio per l’ordine costituzionale serbo! Trovatosi in condizioni di violenza fisica e pressione psicologica, Qazim trova come unica via di salvezza la collaborazione con i servizi segreti, dando dei nomi e dettagli concreti per i combattenti e le azioni militari del’ELK. Però sembra che la collaborazione di Qazim èra stata resa nota anche ai membri dell’ELK, i quali mentre egli parlava in prigione, avevano maltrattato la madre di Qazim, Bafte, che viveva in solitudine, ed avevano messo la casa sottosopra. Il marito nelle montagne, il figlio in prigione, la figlia dal “serbo” in Mitrovica, mentre Baftja passava i giorni in solitudine con la paura per gli altri membri della famiglia. Questo èra il punto dove èra arrivata la famiglia di Shyqyri Hasani. Tutti minacciati, tutti in pericolo sia dai serbi sia dagli albanesi. Ma la persona più in pericolo èra Qazim. Decine di albanesi, nomi rivelati da Qazim, sotto la pressione psicologica ed il desiderio di vivere, avevano privato l’esecuzione dai servizi segreti serbi. Il suo nome ormai appariva nelle liste dei traditori del Kosovo, e la minima condanna èra un proiettile in testa. Niente circostanze attenuanti per i collaboratori con il nemico. Essi sono nelle liste di esecuzione e vengono pedinati in ogni angolo del mondo. Trovatosi in tali condizioni, con la vita minacciata in ogni momento, “il disertore” Qazim Shyqyri Hasani di Prizren abbandona in modo definitivo il paese di nascita e si stabilisce in un paese dell’ovest dove funziona lo stato e la vita viene protetta con la legge. Da quel momento la sua famiglia non ha nessun’informazione e sa alcun indirizzo riguardo al soggiorno di Qazim. I due genitori Shyqyri e Bafte che abitano in Prizren e la sorella Bukuria, la quale si sente più colpevole degli altri per la fuga del fratello e la tragedia della famiglia Hasani, stanno con la speranza che Qazim si faccia “vivo” e cosi forse potranno comunicare tra loro. “Solo che sia vivo, anche se non potrà mai fare ritorno nel nostro amato Kosovo. O Signore fino a quando cosi?” Due lacrime cadono sulla faccia ardente della madre Bafte… E la tragedia continua… Fino a quando?

Rifat Ymeri

 

Quando l’Albania è desolata, il governo gioisce

Scutari e Malësi e Madhe, le due regioni simbolo dell’anticomunismo in Albania stanno per essere abbandonate dalla gioventù, l’energia dell’oggi oscuro, portato dai neocomunisti sin dal 1997, e del domani di violenza, preparato dalle autorità d’oggi, con i loro modi mafioso-comunisti di governare. Ogni giorno con i metodi di maltrattamento fisico e psicologico, le violenze e le minacce stanno costringendo i democratici in generale, e la gioventù anticomunista in particolare, a lasciare il paese, andando per le strade del mondo. In questo scritto voglio ricordare il simbolo della gioventù democratica ed anticomunista, l’indimenticabile Amazona Luigj Frangaj, la quale ebbe questo brutto “destino” dall’età più bella, mentre aveva i sogni di una gioventù felice nel proprio paese. Questi sogni furono troncati dallo stato socialista il quale la costrinse a lasciare il suo tanto amato paese. Amazona Luigj Frangaj è nata il 7 ottobre 1982 a Scutari, in una famiglia di Malësi e Madhe alla quale èra stato negato il loro paese (siccome èrano da Hot di Malësi e Madhe, vicino al confine dello stato) dai comunisti, facendoli saggiare tutto il Calvario della persecuzione comunista, cominciato sin dal 1945, quando lo zio di Amazona, Prelë Frangaj fu imprigionato per motivi politici. Altresì Mark Nikoll Frangaj il suo primo cugino è messo in prigione, ed anche gli zii Zef Tol Cuku e Gjeto Tol Cuku, i quali avevano partecipato all’insurrezione anticomunista assieme al loro zio Prek Cali. In questi anni difficili, la famiglia di Amazona è espropriata ed internata nei villaggi di Lushnja come nemica del comunismo. Nel 1998 Luigj Frangaj, il padre di Amazona viene messo in prigione dal regime comunista per motivi politici, e viene lasciato libero soltanto agli inizi del pluralismo politico e la venuta della democrazia. Questa famiglia naturalmente si unì al Partito Democratico, divenendo molto attiva sia nel partecipare alle proteste anticomuniste del 1990-1992, e dopo il rientro dei comunisti al potere nel 1997. Ormai, oltre al padre Luigj e la madre Mare, i quali èrano diventati membri del PD dal 1991, come gli altri membri di questa famiglia, stava crescendo anche la loro figlia Amazona, che dopo il 1997 èra tra le distinte giovani che propagava le alternative del Partito Democratico, e criticava le autorità comuniste al potere. La signora Amazona, in quegli anni viene ammessa nel Forum Giovanile del Partito Democratico, e più tardi diventa membro del PD. Durante questi anni (1997-2001) Amazona si distingue come attivista e partecipe in tutte le proteste e l’attività anticomuniste organizzate dal Partito Democratico a Scutari. Nelle elezioni locali dell’ottobre 2000, lei èra incaricata come osservatrice nei centri di votazione della città. Dopo di questo le autorità comuniste cominciarono a vendicarsi, con i loro metodi fascisti come violenze e maltrattamenti fisiche e psicologiche. La signora Amazona saggio questi orrori dal 16 al 19 novembre 2000, mentre oltre alla violenza fisica e psicologica, provo anche la violenza dello stato in uniforme il quale dopo averla messa nelle celle della polizia durante quei giorni, la lasciarono minacciandola che questo èra soltanto l’inizio…, e questo sarebbe stato il destino del padre Luigj, il quale fu veramente messo in prigione e maltrattato dalla polizia dello stato il 24-25 novembre 2000. In seguito la signora Amazona fu obbligata ad interrompere gli studi all’ultimo anno della scuola media superiore, riprendendola nascostamente dal dicembre 2000 a febbraio 2001 in ambienti privati. Ma anche così i “vigilanti” comunisti scoprirono il suo alloggio e di seguito la signora Amazona per salvarsi la sua giovane vita fu costretta a lasciare il suo paese, verso un paese straniero…

Albert Vataj

Shan Sokoli