nr. 103 / 3 maj 2007
Il
Console d’Italia a Valona, Lorenzo Tomasoni, un diplomatico fallito in
Albania -I
visti si vendono nel Consolato d’Italia a Valona? -Gli
si nega il visto a coloro che completano i requisiti? -È
umano “uccidere” una ragazza di 23 anni negando il visto a sua madre che
doveva andare in Italia per donare il suo rene? -Forse
la vecchia andava per trovare lavoro sulle strade, al semaforo? Le domande sono domande e noi
rimarremo distanti dai commenti. Noi diciamo che Anelda, 23-enne morì. Lei
morì pronunciando il nome del Console Lorenzo Tomasoni, pregando Dio di
perdonare ogni schizofrenia umana, poiché questo è quanto sanno i burocratici
delle carte senza valore. È dunque il solito inizio di un
racconto sul destino di migliaia di ragazze albanesi. Anelda, la ragazza che
morì, l’albanese con più sogni di un console di “pietra”, nostra coetanea,
non era una di quelle che gli stranieri spesso chiamano “carne bianca”,
oppure prostitute. Anch’io infatti ho avuto l’occasione di trovarmi davanti a
un console, che accelerò le procedure, mi accolse personalmente allo
sportello, non mi chiese innumerevoli documentazioni burocratiche, ma forse
la giovane età non lo convinse che presto sarei stata una giornalista importante.
Da parte mia non l’ho frainteso, e la redazione mi convinse che avrei dovuto
fare nome nel giornalismo per convincere gli stranieri che non speculiamo.
Una mia coetanea però morì a causa di una legge schizofrenica o di un console
italiano schizofrenico, non lo so. Si, il Console d’Italia a Valona, Lorenzo
Tomasoni rifiutò il visto alla madre della 23 enne, che voleva donare il suo
rene per salvare sua figlia. C’era dunque il rene, c’erano i
soldi per il trapianto. Era stato prenotato anche il posto nell’Ospedale
“Umberto I” a Roma. C’era anche il certificato della Regione della Balistica
in Italia che si assumeva le spese dopo l’intervento. Anche l’Associazione
“Un cuore per l’Albania” si era assunta le ulteriori spese. Ma il Console non
si decise di mettere quel maledetto timbro, quella maledetta firma sul
passaporto della madre di questa ragazza, per salvarle la vita. Gira voce che
mancava un timbro. Ma siamo nel secolo dell’internet, o Console crudele,
pochi secondi servono per collegarti con tutto il mondo. Anelda dunque morì
per una tua firma. Hai forse temuto una vecchia, la madre che avrebbe donato
un rene, che sarebbe rimasta lì, nella Penisola Appenninica, o forse hai
salvato l’Europa dagli extracomunitari? Eh, no, no, quella vecchia non andava
ne a fare la prostituta, ne per lavorare, ma per salvare la vita di sua
figlia. Normalmente, sono piena di
rabbia,come Oriana Fallaci che ha scritto molte volte sulle pagine di questo
giornale quando era in vita, ma benissimo potrebbe cominciare anche un indagine
per omicidio colposo, o nel caso più semplice, per disattenzione o
imprudenza. Se non conosco la legge, parlo in nome della morale, in nome
della vita, perché è morta una ragazza, una 23 enne. Anelda andò in Italia
con i suoi piedi. Dentro di lei viveva la speranza di salvarsi la vita, voi
che siete uomini! Ed è tornata da lì in una bara; però con un sogno
realizzato: vestita come sposa, da
morta. Con molto umanismo il “Corriere della Sera” pubblica in tutto il
mondo il tragico evento. Questo succede proprio mentre l’Albania firma
l’intesa per la liberalizzazione de i visti per alcune categorie. L’Albania è
riuscita in pochi mesi di ratificare l’intesa della Stabilizzazione e
Associazione con 10 paesi membri dell’UE. Siccome il giornale “Shqipëria Etnike”
ha più di 40.000 lettori al giorno, in tutto il mondo, tramite internet, ed è
letta in tre lingue, l’unico fra i giornali albanesi, lo sappiamo perché nel
nostro e-mail arriveranno migliaia di lamentele, ma ci scusiamo con i lettori
perché in questo articolo non daremo dei nomi particolari e non ci occuperemo
dei dettagli, poiché giudichiamo che vittime e carnefici siano insieme in
queste righe per reagire contro l’altra sfortuna albanese, la soppressione
della dignità. Dopo che il Console d’Italia a Valona
leggerà queste righe, forse piene di un senso di rabbia per la morte di una
ragazza 23 enne, con dei sogni puri per la vita, farebbe bene a non uccidere
anche il fratello, Zani, poiché la madre farà la stessa richiesta, per
donargli il rene, siccome questo brutto destino ha colpito questa famiglia, e
sembra che i medici in Grecia non garantiscono il successo dell’intervento. Ne Un fatto mi impressiona molto, che
il Console Tomasoni è meglio conosciuto dai nostri colleghi del “Corriere
della Sera” che condannarono il caso “omicida”. Egli non gode buona fama
nemmeno oltre l’Adriatico, tanto meno per gli albanesi in tutto il mondo,
circa 14 milioni, normalmente nemmeno per i scutarini. Per di più perché
l’attività del Consolato d’Italia a Scutari è del tutto diverso da quella del
Consolato a Valona. Sin dal 2000 ad oggi, sono centinaia i casi quando il
Consolato d’Italia a Scutari ha lavorato con professionalismo e umanità
nell’accelerare le procedure nel caso dei visti o ricoveri negli ospedali
italiani. Vi è stata una splendida collaborazione oltre con istituzione e
individui, anche con la “Caritas”. Non sono forse le stesse le leggi
osservati sia dal Consolato a Scutari che da quello a Valona? Forse il
problema sta altrove. Sono molti i diplomatici che, specialmente in paesi
come l’Albania, dove per semplici cittadini è ancora un sogno sentire
“l’aroma occidentale”, non si accontentano dello stipendio che prendono dal
loro stato. Questa non è un accusa. Sono semplicemente dei fatti commentati
non solo dalla stampa albanese, ma anche quella straniera, perciò non andremo
oltre anche perché abbiamo promesso di non fare nomi particolari per questa
volta. È per questo che l’abbiamo posto come domanda all’inizio
dell’articolo. La vita di ogni persona viene
protetta con la legge. È uno degli articoli più importanti della Costituzione
Albanese, ma anche delle altre costituzioni. Ma, la vita di una 23 enne
albanese ha lo stesso valore di quella di un Console d’Italia a Valona? La
risposta ad una tale domanda che suona cinica e provocante, è semplice, ma
nello stesso tempo anche difficile, mentre Anelda giace nella tomba, il
Console continua in modo naturale la sua missione… non solo diplomatica. Noi non vogliamo che ci siano altre
vittime, non vogliamo aprire il giornale sempre con lo stesso fenomeno.
Finché metteremo in moto il Parlamento Albanese e Anelda morì. Ritornò nella sua
patria in una bara, vestita da sposa. Come aveva sognato di vestirsi quando
sarebbe guarita, dunque dopo che il Console avrebbe concesso il visto a sua
madre, per togliersi un rene dal suo corpo, per salvare la vita di sua
figlia. Queste sono parole citate da un nostro collega giornalista del
“Corriere della Sera”. Nemmeno noi come albanesi no saremmo
riusciti ad esprimerci meglio, nella tristezza dell’occasione. Nemmeno noi
come albanesi, non potremmo esprimerci in un modo più umano. Questo, dunque, fu il brutto
destino di “una di quelle”, non di quelle per le quali gli occidentali fanno
finta che gli scoppia il cuore perché occupano i semafori, ma di una brava
ragazza, educata, piena di sogni e speranze, che non chiese altro che vivere.
E la sua vita dipendeva da un timbro. Non saprei quanto varrebbe la pena
parlare della liberalizzazione dei visti per gli albanesi, oppure della
ratifica dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione. Che valore ha la
cittadinanza albanese, quel passaporto rosso che già dal colore serve come un
brutto segnale. Forse sono parole fuori etica, ma
quando muore una persona perché un console non mette un timbro, vale la pena
uscire dalla famosa etica. Florë
Malocaj Orrore
nelle ipoteche: Durante gli otto anni, i socialisti hanno alterato le
proprietà; si attendono controlli dettagliati. Nonostante molte proprietà in Albania
siano state alterate, questo non significa che sono state modificate
definitivamente. La proprietà è sacra. Senza di essa il mondo oggi sarebbe
stato una caverna. Questa paralisi, non tanto vecchia, 16-ennale, il governo
democratico, con il Premier più impulsivo, il più puro moralmente, il più
giusto umanamente e legalmente, lo guarirà con la “medicina” legge, mentre
tutte le decisioni sospettose prese fino ad ora, in tutti gli Uffici della
Registrazione delle Proprietà Immobili, altrimenti le ipoteche, come gli
chiamiamo, forse ingiustamente, in Albania, saranno riviste nei dettagli. Qui a Tirana, la più grande ipoteca
nel paese, ha subito un potente terremoto, mentre negli ultimi giorni sono
stati licenziati 13 impiegati. Questo è avvenuto dopo un controllo non del
tutto completo da parte dell’Ufficio Anticorruzione e il Ministero della
Giustizia, che hanno costatato degli abusi legali. Anche le ipoteche di
Valona, Korça ed altre hanno avuto dei problemi, mentre si aspettano delle
misure radicali, fino a responsabilità penali. Anche nel nord del paese vi
sono molti problemi ereditati, in particolare dal 1997 fino al 2005, quando i
socialisti avevano il potere, quando sugli antichi codici misero anche nomi
della ribellione dell’anno oscuro 1997. La politica della sinistra
ovviamente si oppone a questa legge, ma gli albanesi di buona volontà, con il
voto hanno testimoniato che non sono hanno “rammarico” verso il PD, ma sono
scontenti del PS. La cifra di 5.000.000 USD che il Governo ha stabilito per
la restituzione e la compensazione degli ex-proprietari e le politiche
concrete con le superfici che lo stato ha in disposizione per gli
ex-proprietari sono un inizio molto promettente. L’anno prossimo, la cifra in
soldi sarà ancora più grande. Dall’altra parte, per il Governo Berisha non è
facile, poiché ci sono stati speculazioni con i titoli della proprietà. Così,
affinché i legittimi proprietari ne guadagnino, qualcuno deve anche perdere.
Perciò è una battaglia aspra. Battaglia fra la legge che mira a migliorare
l’ingiustizia e la mafia che ha alterato molte proprietà, in particolare dei
terreni, pure nelle città. Sono state prese di mira le zone industriali delle
città, le zone che hanno come priorità le costruzioni, le zone libere,
popolate molto poco fino a 16 anni fa, le zone delle spiagge e i punti
turistici. Sono stati bloccati quei terreni che ognuno sa che non appartiene
a coloro che li posseggono secondo “i documenti di Fatos Nano”. Questo metodo fa pensare alla mafia
dallo sfondo politico che mira al guadagno veloce dei soldi. Dove le
proprietà sono state alterate c’è stato veramente scorrimento di molti soldi.
Dunque da nulla. Da nulla hanno origine anche i cosiddetti proprietari. Dai
geroglifici insignificanti che è difficile trovarle la traduzione, potranno
essere “decifrate” molte “oasi” ipotecali. Non sono pochi i casi quando gli
investitori occidentali che hanno mirato a investire da noi, dopo aver
trovato delle irregolarità nei terreni dove hanno pensato di allestire i loro
affari, gli hanno interrotti, perché delusi; anche dei giganti dell’industria
italiana. Comunque, le nuove politiche del Governo Albanese sembra che
ripareranno tutto in un futuro molto vicino, creando un clima adatto per
tutti gli affari occidentali. I problemi della proprietà in
Albania si sono intrecciate in modo brutto. Serve una forte volontà per
ripararli. Usurpare e sfruttare il cortile di una scuola per un chiosco, è un
paradosso; ma essere sfruttato per un locale, una strada, un parcheggio, un
istituzione di particolare importanza, come p.e. comune, prefettura ecc., e
venga messo un proprietario sulla proprietà dell’altro tramite la
documentazione degli Uffici della Registrazione delle Proprietà Immobili,
questo è un grande orrore. Le complicazioni per quanto
riguarda le proprietà hanno la loro base proprio nelle radici della mafia
politica, radici che anche gli internazionali cercano di “seccare” prima
possibile. Sokol
Pepushaj |