nr. 31 / 10 shtator 2002
Riconoscenza
all’America, alla
diaspora Albanese ed all’Ambasciata
Francese a New York Sono un Albanese che ho vissuto e lavorato per tutta la vita nella mia Albania.come
molti altri, anche i miei famigliari emigrarono verso l’Ovest, verso la grande America,
verso il dio di questa terra, dove i diritti e
le libert? umane
vengono osservate come dio vuole. Ultimamente
ho avuto una grande calamit?. Mio figlio Lulet Palokë Lunaj mor? in
America. Lo stato Americano che
ha ospitato molti Albanesi ha reso possibile che il corpo di mio
figlio fosse trasportato
per essere seppellito nel suo paese,
in Albania. Anche l’Ambasciata
Francese, dove lavora la moglie di mio figlio, Vera Lunaj, si ? disturbata ed
ha partecipato nel nostro cordoglio. Gli Albanesi, i buoni Albanesi che amano Dio,
la vita, l’onore, l’Albania
e l’America, quella meravigliosa nostra diaspora ha dato
un grande aiuto nel campo finanziario, materiale e spirituale, rendendo possibile l’adempimento della richiesta di mio figlio di essere sepolto nella terra d’Albania, pagando anche il viaggio
della mia nuora e i due figli Rajmonda e Fabjon. Il vecchio Palokë Lunaj far? una
richiesta a questi due piccoli, di essere riconoscenti per tuta la vita agli montanari coraggiosi e ospitali di Bajza, Malësi e Madhe, a tutta la diaspora e lo
stato Americano, per il grande contributo dato, per portare un anima alla soffice terra d’Albania. Una tale opera cosi grande, cosi preziosa, cosi umana, cosi benedetta
dal grande Dio, lo possono fare solo la brava gente, i fratelli e i buoni amici Albanesi, i patrioti che amano l’altro come loro stessi, che amano l’onore
come la propria vita. Mio figlio
ora giace nella terra dei suoi parenti e questo non lo dimenticher? la nostra grande famiglia. Voi ci avete alleviato il dolore per la sua morte precoce
all’et? di 54 anni. Vi scrivo con l’anima del vecchio; possiate vedere ogni bene nella
vostra vita, felicit? e adempimento di desideri. Speriamo di potervelo rendere nelle voste gioie,
e che possiate passare i 100 anni con i piedi forti e le mani forti. Credetemi gente, che nel giorno
del funerale di mio figlio, tutta Malësi vi ha benedetti e vi ha augurati ogni bene, di generazione in generazione. Mio figlio, che riposi in pace nel Paradiso, ha lasciato due figli e molta amicizia, che vi ricorderanno con parole ed opere di riconoscenza. Con rispetto Palokë
Lunaj I gladiatori
nei cruciverba, la societ? Albanese nell’incrocio Mentre le realt? politiche sono
continuamente sotto pressione,
provocando un’ ulteriore peggioramento dei problemi, distinguiamo chiaramente “la ricompensa” ceh questa arena di gladiatori da ai spettatori, la societ?
Albanese. Essa ha lo stato
dell’oggi, senza paura pu? essere identificato come
un’ incrocio, nel quale ?
inchiodata la realt? e le tendenze
per vedere oltre, verso il futuro. Questo
incrocio si ? incastrato
in modo inrisovlibile,
come un cruciverba, la cui soluzione
? impossibile oppure richiede un lungo tempo. In tali condizioni, l’approvazione dell’oggi diviene un’approvazione assurda oppure finisce in un ribellione incontenibile. Visto in questi due punti di vista, la realt? d’oggi affronta
altri efetti, la cui
influenza non ha un ruolo importante
e rovesciante. La realt? in verit?, ? obbligata a vivere le due
qualit? della
riflessione davanti alla situazione nella quale si trova la societ? Albanese ed il paese
nello stesso tempo. Cos? abbiamo quella
parte della societ? che approva
il disaprovabile e si ribella davanti
ai paradossi offerti dal malgovernamento. Nessuno dei casi,
per? costituisce la magiorit?, il che provoca l’ulteriore
andamento della stessa situazione. Come sempre, da questo, il perdente
rimane il popoli, e quello che guadagna ? il governo e lo stato. Il potere, testanto l’influenza del malgovernamento
sull’opinione e la speculazione
estrema con il potere da parte loro, vedendo pure che la reazione della societ? per il
momento non comporta alcun rischio, continua ad aplicare i stessi metodi di governo, continua ad andare sui stessi binari, dove ? andato
fino ad incontrare questa situazione senza via d’uscita. Allora ci viene la domanda: -Come si pu? uscire da questa situazione nella quale siamo caduti, in un certo modo, e pi? tempo passa senza
vedere i nostri sforzi per uscirne, pi? impossibile divengono
tutte le nostre volont? di sfidare
la liberazione dal dettato
del “che m’importa”?! Davanti a noi, quindi, appare il rischio del ritorno in una mentalit? colettiva
dell’approvazione dell’assurdo
e della ribellione senza comportare un serio rischio ed un’ oscillazione davvero sismica che potr? sradicare un governamento
che comporta tutte le negativit?. Quello che dobbiamo
imparare? quello
che dobbiamo sentire ciascuno come obbligo per il presente ed il
futuro. Nessuno quindi si deve
consolare con “che m’importa”, perché un giorno, che non pu? essere
lontano, importer? a te e soltanto a te, e non avrai via d’uscita. Il popolo dice: Quando ti torner?
il seno,
neanché il cane lo mangera. Quindi mentre non sei ancora caduto in questo tranello, tu, uomo depersonalizzato,
perseguitato, minacciato,
massacrato, reso vittima, da nessun’ altro che da quel governamento e quel potere che
tu hai scelto con il tuo voto, il
quale, anche se non ? stato libero,
ha avuto possibilit? di esserlo, e devi gridare: -Ej, non vi dimenticate di me. Servire a te stesso ed al tuo testamento genetico non ? un desiderio ma un obbligo. Per quanto tempo noi continuiamo a vedere ed intendere
diversamente, tanto meno abbiamo fatto per noi, per i nostri bambini, per i bambini dei
bambini, figuriamoci poi per la nazione,
che non ha niente di buono, se continua ad essere rappresentato da trasportatori indolenti di alcuni valori e virt?. Cosa si deve
fare?! Girati, tu, uomo che cammini
distratto, e guarda un p?
se il mondo
umano ti ha stancato, cerca di capire la legge dell’esistenza dell’animale, e riuscirai a riempire il tuo vuoto
che ti mangia di giorno in giorno. Se noi continuiamo a sostenere che pregando vengono i frutti, i beni materiali, abbiamo sbagliato, si devono muovere
le gambe e le mani, pensarci s?. E se continuiamo sempre a pensare e sperare in quello che ci darano gli altri,
questo ?
di gran lunga pi? sbagliato. La pancia vuota non si riempie con il pane prestato, dice il popolo. Stare all’incrocio, o meglio, sostenere che ? questo
il tuo destino, non ? uno
sbaglio, ma un crimine,
per il quale ognuno investisce, poco a poco, per farlo verso se stesso, verso le generazioni,
verso il futuro, verso il popolo. Non saremmo partigiani della ribellione, come ce n’?rano
spesso quell anno che si identifica come il male che assaggiamo
oggi, (ricorda il 1997). Per? non avremmo risposto “Amen” a quasi
niente di quello che comporta un’ indifferenza verso se stessi,
verso il futuro di tutti. Permettere ad un modo di governare e ad un potere di distruggere pi? di quanto noi
vediamo e percepiamo oggi, ? come partecipare
noi stessi, in una distruzione, contro la nostra volont?, e perché no, anché con una volont? spinta da alcune idée oppure idealismi meschini. Editoriale di Sokol Pepushaj, Albert Vataj |