koka

nn. 43 / 29 prill 2003

alukit

numrat

 

La tolleranza e l’ammissione della verità, rimaste in tentativo

Di fronte a tante verità, abbiamo sempre tentato di promuovere quello che caratterizza il nostro genere, l’uomo, l’inammissione. Ogni “contesa” ha le sue radici in una realtà che non abbiamo accettato e con la quale non abbiamo ragione di essere mai daccordo. In modo concreto si tratta dell’ignoro che viene fatta alla comunità cattolica, sia diretto o indiretto, il che è pienamente in antagonismo alla convivenza armonica che è sempre esistita tra la gente. A quanto sembra, come nella gran’ parte dei casi, nemmeno riguardo al fenomeno in questione si esclude la possibilità di ua vittimizazzione da parte di quello che è stato ammesso come fondamentale, di quello che conosciamo superficialmente. La battaglia senza trionfante, se così si può ammettere la battaglia tra litigi a carattere religioso, ha un origine remota. Questo non deve combaciare con le mentalità che in relazione al tempo esprimono una contraddizione. Non c’è una ragione che ci facia mettere i vecchi abiti, e questo per saziare la fame di quelli che presentano sintomi della mania di infinite pretese. Quanto viene costatato è l’ammissione d’essere coinvolti in battaglia. Questo diventa ancora più minaccioso mentre le parti non danno luogo ai negoziati, dopo le quali si finalizza in una concretizzazione. Se è opportuno che voi siate daccordo riguardo alle verità, che hanno comportato l’inizio di questa fronte, allora come prossima fase si dovrebbero chiedere dei negoziati, un passaggio alla tolleranza. Se 99% dei rappresentanti all’amministrazione di un comune appartiene alla religione musulmana, affermando apertamente l’ignoro all’altra parte della comunità, appartenente ad un’altra religione, non dovreste assumere voi la colpa, così come non è motivato il ruolo dell’avvocato diffensore, che cercate di assumere. Come nel summenzionato caso, in molti, purtroppo, popolano la gierarchia ed il coeficiente numerico del confronto comunitare. Ammettere la verità non si deve considerare un’eresia. Semmai sarà un’eresia il suo ignoro, per di più il reclutamento nelle file di un esercito che cerca di servircela come fasulla. L’andamento per questa logica ha una fine indesiderabile per le parti coinvolte, così come in questa temperatura riscalda e fà aprire le uova il falco che darà di nuovo una beccata al nostro inconscio, il quale lo dobbiamo accettare come conscio. Non volendo considerare come la fine del mondo nessun momento della vita, d’altronde nemmeno questo, ci sentiamo costretti a proporvi quello che consiste ad essere più civile e lontano all’indottrinamento. Non per i ricatti, ma per la morale di un’anima tollerante, vi proponiamo la pace come soluzione, a condizione di conoscere la verità della quale sono responsabili le parti coinvolte in questa battaglia. L’Albania etnica non è in se stessa solo una nozione, oppure un’espressione geografica, come ha citato Bismarc, mentre questo paese si stava riducendo in briciole fisicamente, per continuare, a causa di queste meschinità e delle battaglie senza vincitori, a sbriciolarsi spiritualmente. La tolleranza non deve essere intesa come sottomissione, ritiro dallo spiegamento della verità oppure l’ammissione del fatale come fortunato. In oltre, quello che, nel caso concreto, osiamo ad offrirvi come un consiglio è che rimane positivo da parte vostra, prima di tutto, che impariate a leggere bene, che vi caratterizziate dallo spirito del dibattito e della polemica, che hanno avuto ed avranno un posto nelle pagine del giornale “Shqipëria Etnike”. Se con colpi dichiarativi di tamburo cercate ad ogni costo di soffocare il grido della parola, che viene considerato come un crimine, quanto vi suggeriamo è che questo non è un “Eureca”. Le soluzioni non devono essere cercate nelle parti che fermentono tali conflitti, così come non si deve ritirare da placate meno rumorose da voi scelte. Siamo stati questi, lo siamo e continueremo ad esserlo. Il Signore è Uno, chi crediamo di essere, per assumerci la responsabilità di dividerlo.

Albert Vataj, Sokol Pepushaj