koka

nr. 39 / 4 shkurt 2003

alukit

numrat

 

Perché uno “impazzisce”, decine di migliaia vengono fucilate...!

Non conosco l’età dell’emigrazione. Sò però che l’uomo deve essere cittadino del mondo. Senza distinzione raziale, religiosa, o di nazionalità. Sò che dev’essere libero e sò che l’albanese per secoli non è stato tale. Ne cittadino del mondo, ne libero. Lo spazio è stato stretto per l’albanese, come un tunnel. Ancora lo abbiamo stretto. Sembra ché l’avremo stretto ancora per un pò di tempo. Gli albanesi comunque sono ampi. Con sostanze molto umane. Sono anché colti, hanno cultura. Ne è uscito anché un Papa. Oppure no?

        Eppure l’albania rimane uno che fa paura al mondo civile. Inaccettata e disprezzata!

        -Cercate le cause e rimediate, - dice il mondo.

        -Daccordo, pienamente daccordo, ma dove li cerchiamo signori?

        Le grandi potenze ci distrussero, ci mutilarono sin dal 1878. Lasciarono molte delle nostre terre, si nostre terre, sotto il “tetto” Greco ed ex-Jugoslavo.

        E proprio tramite la terra albanese, se una situazione del genere lo creava e lo sta creando un uomo “pazzo”, che nella nostra ottica durante la dittatura èra Enver Hoxha, in quella cosidetta democrazia Sali Berisha con certi “Osama Bin Laden” e poi dopo Fatos Nano con certi lobi Greci, furono fucilati decine di migliaia di persone. Anche clerici. Enver aveva fucilato esattamente 153 tra sacerdoti cattolici e musulmani.

        Avete chiesto dei fatti?

        A, si. Proprio i fatti non ci mancano. Così come ovviamente non ci manca il carattere, il nazionalismo, buona volontà e buon senso, cose queste che mancano agli uomini al potere. Quello dunque che appaga quelli al potere, preoccupa il giornale davvero indipendente e tribuna del pensiero libero, “Shqipëria Etnike”.

        Le cifre sono testarde. Non possono essere sciupate e buttate via. Perché vedete, anche Gjergj, Gjergj Kastrioti fù “sciupato” chiamandosi Skender. Sin da quell tempo hanno seguito molti guai. Guai che ci condannarono e non abbiamo altra via d’uscita che essere protettori della civiltà come Gjergj Kastrioti, il bisnonno di tutti gli albanesi.

        Tutti dunque siamo uno. Non meritiamo la tragedia. E l’Albania è un’esempio tragico.

        Nel 1920, fuori dalle terre dell’Albania Etnica, si contavano 2.520.000 albanesi. Gli Arberesc in Calabria e Sicilia, in 100 luoghi abitati èrano 220.000. Arvanitas in Grecia èrano 200.000. Albanesi in Dalmazia, Turchia, Bosnia e Serbia, 100.000. Nel Kossovo ed altri paesi d’Europa èrano 2.000.000.

        E nel 1923?

        Ecco le cifre che noi conosciamo:

        804.000 albanesi in Albania, 30.000 in America, 1.766.000 nel Kossovo e fuori dei confini d’Albania. Quindi 2.600.000 albanesi.

        Sette anni dopo. Nel 1930 siamo in tutto 3.500.000 albanesi, sparsi in modo tremante. Di questi soltanto 1.003.068 albanesi entro gli esistenti confini. Gli altri?

        In America 80.000, oltre i confini statali 2.416.932.

        Le ingiustizie, l’affronto dei paradossi più disumani dal successore del nostro “amico” con un nome Ahmet Zogu, la discriminazione, il desiderio di vivere come uomini, la compassione per il prossimo, poiché gli albanesi sono una delle nazioni che amano il prossimo più che in quasi tutte le altre nazioni, durante quel epoca davvero difficile, che accidentalmente e purtroppo assomiglia come due gocce d’acqua con quello d’oggi, fa si ché in otto anni la crescita della popolazione fosse veramente piccola. Ecco, vedete. Abbiamo detto che le cifre sono il nostro argomento.

        Nel 1938, un anno prima che il nostro “amico” Ahmet, si ritirasse, in tutta l’area albanese si contavano 3.620.693 albanesi.

        Volete ancora dei fatti?

        Si, 1.045.693 in Albania, 1.000.000 nel Kossovo ed ex-Jugoslavia, 450.000 in Grecia, 200.000 in Calabria e Sicilia, 500.000 in Turchia, inchiodati bene lì, fino a servire come primi ministri, 295 in Egitto, Siria ed nel mondo arabo di Gazidede e Abdi Baleta, 50.000 negli Stati Uniti, quindi 30.000 meno di otto anni prima! 30.000 in Canada ed America Latina, 40.000 in Romania, 10.000 il Bulgaria.

        Andiamo avanti nel tempo.

        Per l’anno 1960 non abbiamo potuto ottenere dati esatti. Comunque in Albania c’èrano esattamente 1.626.315 albanesi e di 320.158 albanesi di Calabria e Sicilia, 189.666 èrano italofoni in 41 villaggi e 130.492 albanofoni in 59 villaggi.

        Oggi, nel 2003, soltanto nei Balcani vivono circa 7.000.000 albanesi. Mentre in tutto il mondo siamo più di 12.000.000. Quindi tre quarti degli albanesi, o qualcosa di più sono fuori i confini. Ed oltre le ingiustizie secolari, mentre è difficile entrare nell’Europa Unita con albanesi non uniti, l’emorragia, l’ingrandimento delle ferite d’emigrazione, è un “successo” della politica, dei assi che gli abbiamo sempre avuti “pazzi”.

        Non è dunque invano che abbiamo messo un titolo del genere per un articolo del genere, senza pregiudizzi e con sole cifre.

        Ma, prendiamo le cose dove si deve, così com’è la verità.

        Da questa terra e questo benedetto paese, così favoreggiato geograficamente ed economicamente, si sono allontanate molte persone.

        Prima del 1924 risultavano soltanto evasi, lo ripeto evasi, 79 persone. Si può pensare dunque che c’èra un pò di più libertà di oggi. Mentre durante la dittatura di Enver Hoxha, gli evasi dall’Albania sono 13.792. Non sappiamo esattamente quanti hanno perso la vita. Solo i soldati evasi durante gli anni 1989-1991, mentre le fondamenta del comunismo tremavano, si contano esattamente 1751.

        Gjirokastra, il paese natale di Enver, conta il più alto numero di evasi, 1.399 persone. Dopo di lei c’è Scutari, il paese natale di Ramiz Alia, con 924 persone, Mirdita conta 71 evasi, Elbasan 61, Berat 39, Gramsci 15...

        E dopo il 1990, qual’è la situazione?

        Ma cosa cerchiamo?!

        Dopo quest’anno non trovi niente di niente. Eccetto il momento dell’assalto alle ambasciate straniere nel Luglio del 1990, dove trovi evidenze regolari, quindi 3905 albanesi che entrarono lì.

        Questo non è perché non avevamo e abbiamo degli uomini di stato, perché ce ne sono in tanti del genere che ci girano tra i piedi, ma non avevamo e non abbiamo uno stato.

        Oggi si fanno parate di “successi”. Abbiamo 500.000 in Grecia, abbiamo circa 53.000 prostitute in Europa, sono stati uccisi oltre 4.600 albanesi in sei anni, sono stati ammazzati 213 poliziotti, hanno perso la vita nel confine decine di migliaia, nell’Ottranto o in emigrazione, oppure anché dalle conseguenze dell’evasione, entreremo molto presto e con dignità in Europa.

        “Successo” si chiama il titolo “Cittadino d’Onore” di Scutari dato al Console Italiano Stefano Deleo, mentre un cittadino di Scutari, 42 anni, chiamato Angjelin Smakaj lo stesso giorno si toglie la vita impiccandosi perché proprio Stefano Deleo ha commesso ingiustizia nei suoi confronti rifiutandoli il visto per l’Italia, anzi si dice che mentre arrabbiato gli habbia strappato anché i documenti.

        Il stupore, in verità, non è minore di quello nelle legende. Se servisse all’Albania il sacrificio di una donna, come quando si costruiva il castello “Rozafa”, si sarebbe trovata da tempo la soluzione. Ma il peggio è che sono stati fatti migliaia di sacrifici dal popolo albanese cercando di vivere la vita, insistendo di non alienarsi, ed anché quell fatto del castello non sarà niente. Oppure l’epoca oggi chiede qualcos’altro. Di essere “sacrificata” questa politica. Questa politica così elegante, così bastarda, come un’anziana prostituta che cerca in ogni modo di sedurre nel buio un giovane ragazzo...

Editoriale di Sokol Pepushaj